Dynamite Headdy (Treasure, 1994 -Mega Drive-) è un platform che costringe concretamente ad usare la testa. Si tratta di un rompicapo? No, non proprio , a meno di non voler definire così anche i platform della celebre serie B.C. Kid Si può dire senz’altro che, dopo il successo di Gunstar Heroes, Treasure abbia potuto permettersi un gran numero di colpi di testa che si concretizzano in particolare in un titolo come Dynamite Headdy che, dunque, per la casa di Nakano viene ad assumere un’importanza capitale.
Dynamite Headdy è un platform game che riprende l’attack mode “de capoccia” dei vari B.C. Kid, reinterpretandolo tramite due successivi titoli usciti per e Mega Drive: Decap Attack e Kid Chameleon . In Decap Attack, un simpatico platform horror-umoristico, il protagonista è una mummia che utilizza la testa per attaccare i nemici con la particolarità che, come si può intuire dal titolo, la parte anatomica in questione non è saldamente ancorata al collo e viene proiettata in avanti con il solo sostegno “elastico” delle bende. In Kid Chameleon, il giocatore guida un bambino che può trasformarsi in 9 personaggi diversi indossandone le relative maschere.
Il titolo Treasure è, dunque, il risultato di un cross-over evoluto tra i platform sopra citati: la testa dell’eroe è separata dal resto del corpo e si comporta come un’entità a se stante (una sorta di “head-pod”) con cui Headdy può attaccare (lanciandola verso il nemico come un boomerang a distanza ravvicinata) e arrampicarsi. La testa standard, inoltre, può essere sostituita con altre 18 “heads” , consentendo a Headdy di utilizzarne gli specifici poteri extra.
Lo scopo del gioco è riportare la pace e la libertà nel Puppet World, oppresso dal ferreo dominio del malvagio Dark Demon, dal suo fedele sgherro, Trouble Bruin, e dal terribile esercito di pupazzi maligni da lui sguinzagliati.
Per portare a termine la sua missione, Headdy dovrà superare ben 28 stage (“scene”) gremiti di nemici di ogni forma, natura e dimensione, tra cui numerosissimi middle boss e gli immancabili guardiani di fine livello.
La caratteristica principale di Dynamite Headdy è, sicuramente, la varietà. Le scene sono molto differenti tra loro e propongono soluzioni visive e meccaniche di gioco che, in molti casi, tendono a spiazzare il platform player medio. Il titolo Treasure combina questa notevole ricchezza di gameplay style diversi, a privilegiare di volta in volta l’azione, come virare verso lo shoot ‘em up “puro” o anche contemplare elementi di “strategia”, con inoltre la possibilità di variare la testa di Headdy in 18 modi diversi. Naturalmente, l’intera gamma delle head non è sempre disponibile (ad esempio le “fly head”, che consentono a Headdy di volare, sono utilizzabili nei soli 4 stage shoot ‘em up “Parodius-like”: da 6-1 a 6-4), ma, nel corso delle varie scene, ne vengono di volta in volta messe a disposizione delle ristrette rose di selezione. Ulteriori elementi di varietà sono: le practice scene, l’intermission bonus game e i secret bonus. Non vanno, infine, trascurate le numerosissime e ingegnose sorprese di cui il titolo Treasure è generosamente dotato. I colpi di scena che impreziosiscono questo platform si risolvono spesso in tocchi di classe di natura grafica, inusuali dinamiche di gioco inerenti a determinate scene, particolari modalità d’attacco di middle o final boss e, in generale, intriganti intuizioni concettuali che apportano al gameplay delle svolte che ancora oggi colpiscono per audacia e modernità.
Il titolo Treasure, dunque, si presenta come particolarmente stimolante per l’evidente ingegnosità del game design, per la ricerca di un approccio peculiare al frequentatissimo genere di riferimento e per la marcata differenziazione tra gli elementi che ne compongono l’articolata struttura.
Tutti i suddetti aspetti positivi del platform Treasure non spiegano, però, il particolarissimo fascino che lo caratterizza. Ciò che seduce in Dynamite Headdy è, soprattutto, la bizzarria visionaria di design e situazioni. Che i programmatori non avessero, come Headdy, la testa sulle spalle , emerge da ogni particolare, ogni svolta nella “vicenda”, ogni dettaglio di sprite e fondali. Questo platform, infatti, è un titolo di un fuori di testa particolarmente coerente: tutto è assolutamente sopra le righe, diverso e spesso totalmente inaspettato.
La grafica è degna del talentuoso team cui si deve, fra gli altri, l'eccellente Gunstar Heroes: coloratissima (le tonalità fortemente contrastanti sono un po’ da trip allucinogeno), ottimamente disegnata (accattivante l’ambientazione “teatrale” con contaminazioni visionarie alla “Alice in Wondeland”), impreziosita da parallasse standard e multi-strato, dotata di spettacolari effetti raster (distorsioni, flipping e prospettive) e sprite di grandi dimensioni. Fluidità e velocità d’azione sono, poi, garantite da un'impeccabile programmazione che rende DH quasi esente da rallentamenti, pur non mancando situazioni in cui lo schermo è affollato di sprite o dominato da enormi boss finali animati con dovizia di elementi grafici indipendenti.
Il sonoro risulta forse qualitativamente e quantitativamente superiore a tutti gli altri titoli Treasure realizzati per il 16 bit Segaa. La soundtrack è difatti particolarmente varia, brillante e relativamente raffinata e gli FX ridultano nettamente sopra la media, con digitalizzazioni nitide e campionamenti vocali perfettamente comprensibili e, per una volta, esenti dal fastidioso “effetto raucedine” tipico del Mega Drive. La colonna sonora è, dunque, particolarmente ben realizzata per composizione, suggestione e resa acustica di synth e base ritmica campionata e segna uno dei punti più alti della carriera di Kazuo Hanzawa, musicista videoludico noto anche, oltre che per i già citati Gunstar Heroes e Alien Soldier su MD, per il coin-op Konami Bucky O’Hare.
La longevità di DH è assicurata dalle menzionate 28 scene di “action”, “shooting” e “strategy” e dal livello di difficoltà molto impegnativo (fin troppo nella versione nordamericana -per Sega Genesis-) che richiede al giocatore una notevole versatilità nell’uso delle “head” del protagonista. Il “Treasure Show” (così è chiamato nel libretto della versione Genesis, in perfetta coerenza con l’ambientazione e la denominazione “scene” per gli stage) è, dunque, uno spettacolo che dura a lungo e la compagnia teatrale assicura a tutti gli spettatori che il divertimento non mancherà. Solo chi usa bene la testa riuscirà a vedere il finale a sorpresa dello show! www.facebook.com/alessio.bianchi.37